Disorientamento

04.09.2013 14:02

 

Le pervasive trasformazioni sociali a cui assistiamo sono figlie legittime dell’evoluzione culturale e dello sviluppo tecnologico che contraddistinguono sempre più profondamente la nostra era.

Si tratta tuttavia di una crescita generazionale e di un arricchimento culturale che investe soprattutto alcuni aspetti del patrimonio intimo dell’individuo, trascurandone altri che, seppure possono sembrare meno utili, nondimeno costituiscono le basi per un progresso che non sia rivolto esclusivamente all’avere, bensì all’essere.

La globalizzazione ha indubbiamente in sé un valore inestimabile per il progresso e per il bene dell’umanità, eppure porta con sé anche degli aspetti che, se non controllati, rappresentano delle condizioni potenzialmente destabilizzanti e disorientanti.

Se è vero l’antico adagio che l’uomo non si nutre di solo pane, allora dobbiamo porci con forza la domanda circa lo spirito che sta animando questa nuova società: il progresso deve per forza di cose rivolgersi esclusivamente al benessere materiale dell’individuo? Necessariamente, per essere al passo coi tempi, dobbiamo trasformare la società secondo i principi prevalenti del mercato e della competizione? Dove metteremo l’umanità? Che fine hanno fatto gli insegnamenti umanistici e filosofici dei nostri Grandi predecessori?

Non vi è un “luogo” immune dal nuovo spirito modernistico, ed in questa frenesia si perdono sempre più di vista i valori ed i punti di riferimento, trasformando tutti i contesti, da quelli più contenuti (individuo e famiglia) a quelli più estesi (gruppi e società).

Se riflettiamo sul panorama politico italiano di questi ultimi tempi, per esempio, non riusciremo a ritrovare valori ed ideali perseguiti tradizionalmente dalla destra o dalla sinistra: gli uomini e le idee viaggiano in piena osmosi da una parte all’altra, in una commistione di pensiero che non è il risultato esclusivo di una semplice spregiudicatezza opportunistica personale, ma che esprime invece la profonda crisi degli ideali e la confusione culturale moderna.

La diffusione delle informazioni e degli aggiornamenti e la globalizzazione tecnologica stanno profondamente trasformando non soltanto la società, ma anche l’individuo.

Le esigenze del profitto e del marketing hanno modificato in maniera incisiva il mondo della formazione e del lavoro, e le informazioni emesse dai mass media in maniera più o meno inconsapevole, avallando acriticamente quanto viene proposto e deciso, hanno creato nelle nuove generazioni un’atmosfera di rassegnata frustrazione che non lascia spazio a prospettive sane.

Se da un lato, infatti, ci troviamo con una vetrina sociale che incessantemente non fa altro che prospettare paradisi esistenziali, facili profitti, beni di consumo sempre più ricercati e raffinati, dall’altro ci ritroviamo d fronte ad una dura realtà fatta di disoccupazione e di precarietà.

A ben guardare, quindi, il contesto socioculturale odierno si caratterizza per una eccessiva distanza tra le aspettative e le mete proposte e le opportunità ed i mezzi disponibili per raggiungerle. Se a ciò aggiungiamo il prolungamento dell’età adolescenziale, allora possiamo incominciare a comprendere il rischio che un ragazzo moderno può realisticamente correre: una crisi di identità.

Tutte queste condizioni provocano infatti nel giovane la mancanza di acquisizione di un ruolo di responsabilità adulta, per cui si ritrova davanti essenzialmente due prospettive: da un lato l’adesione conformistica a modelli consumistici e dall’altro il rifiuto della società che li propone, vissuta come inadeguata rispetto alle prospettive che essa stessa propone. Allora egli può rigettarne in toto sia i mezzi che le mete, assumendo una posizione rinunciataria, in un mondo fatto di promotori e di consumatori sia di merci che di emozioni.

Si esaspera così un vissuto inquieto, angoscioso e disperante, a causa della mancanza di prospettive, di progettualità, di punti di riferimento, di sicurezza, di equilibrio, di motivazione, di autonomia, che può imboccare o la strada esteriore, con rinunce oppositive e ribellioni distruttive, o quella interiore, con autoemarginazione, abbassamento dell’autostima, incapacità di un’organizzazione esistenziale.