E' il declino della democrazia?

04.09.2013 14:03

 

La democrazia si richiama ai valori di libertà e di uguaglianza.

La libertà promuove il principio secondo il quale la singola persona è completamente autonoma rispetto agli altri cittadini, rendendo in tal modo tangibile l’eterna chimera a cui aspira ogni uomo: essere padroni di se stessi. Governare se stessi vuol dire essere in grado di dirigere la propria vita, di operare scelte tra diverse opzioni, di progettare strategie creative per migliorare il proprio status e percorrere ambiziosi itinerari di crescita.

La libertà presuppone il sapere. Ma non serve a nulla la conoscenza delle cose se essa non è accompagnata da una profonda capacità di riflessione sulle cognizioni acquisite, per addentrarsi sempre più a fondo nella verità delle cose. Superare l’apparenza è l’originalità del sapiente. Solamente in questo modo è possibile immaginare i territori sui quali percorrere quegli itinerari. Ma, ancora, la conoscenza delle cose deve essere affiancata dalla conoscenza di se stessi, dalla consapevolezza della propria forza interiore e dalla volontà di apprendere e di agire, osando con onestà.

L’uguaglianza sottende il valore da parte di ogni individuo di godere degli stessi diritti e delle stesse opportunità di cui godono tutti gli altri.

Uguaglianza e libertà sono strettamente connesse, poiché in una società strutturata, se mancassero delle regole si giungerebbe facilmente all’anarchia totale e alla condizione in cui il più debole sarebbe sopraffatto dal più forte, demolendo così il concetto di uguaglianza.

In epoche antiche la democrazia verteva sul singolo, sull’uomo comune e qualunque,  e chiunque aveva la possibilità di proporre leggi o di denunciare apertamente soprusi e illegalità, senza temere il dileggio da parte della classe dominante o le ritorsioni del potere.

In democrazia è il popolo che viene definito sovrano. Tuttavia esso è sovrano solamente quando mette in atto le leggi che si è dato, altrimenti rappresenta soltanto una massa di individui che cercano di sopravvivere secondo i principi del più forte, o del più furbo, calpestando così quei valori di libertà e di uguaglianza sui quali abbiamo visto fondarsi la democrazia stessa.

E’ fondamentale questa considerazione, specialmente nella nostra epoca, dominata e condizionata dalla comunicazione di massa e da coloro che controllano i mass media. Oggi, chi è in grado di inviare i messaggi più utilitaristici per i propri scopi, è in grado di condizionare l’opinione pubblica, ossia quella massa di cittadini che formano il demos e a cui si dice spettare la sovranità. Sovranità che si esprime poi, in una democrazia, attraverso le elezioni e quindi la composizione di un Parlamento formato in gran parte da quegli stessi individui che avevano condizionato l’opinione pubblica, o da loro emissari.

Sembra assurdo, in questi termini, ipotizzare che già in se stessa la democrazia possieda il germe della propria degenerazione, trasformandosi subdolamente in tirannide, come già affermava Platone nella Repubblica? Non una tirannide dichiarata e sostenuta da un singolo despota, ma una tirannide ammaestrata da una oligarchia, spesso occulta e sempre mascherata, che opera per realizzare i propri interessi di casta.

Scandali in Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Puglia, Sardegna, Campania, l’ombra del fallimento sulla Sicilia, le indagini in corso in Calabria sono l’esito di quello che la classe dirigente attuale è riuscita a realizzare, avvalendosi delle linee guida offerte dal parlamento nazionale. Espressioni della stessa arroganza, dell’autoritarismo derivato dalla mancanza di regole, di onestà e di controllo. Conseguenza dell’essere diventati onorevoli non in virtù di competenze, ma di clientelismi e servilismi. Consiglieri arricchitisi illecitamente (“Così fan tutti …”) mentre la gente comune si arrovella per rispettare le regole e per fare la spesa …

L’autoritarismo derivante da un’oligarchia illuminata è invece finalizzato al bene comune e alla crescita collettiva, fondato sulla competenza e sull’onestà, non tanto su un centinaio di persone elette democraticamente sulla base di altre qualità. Quello di cui parlo è un autoritarismo della ragione, basato sulla forza dell’etica, scevro da ogni residuo demagogico e particolaristico.