Il senso della memoria
1. Il senso della velocità come precarietà.
Oggi la società sembra dominata da un vorticoso senso di velocità.
Sembra che l’Uomo debba correre…correre…correre… perseguendo obiettivi sempre nuovi, mai soddisfatto di ciò che riesce a raggiungere, sempre in cerca di qualcosa.
Probabilmente non si rende conto di rincorrere se stesso, la sua identità, a volte trasformandone anche le fattezze esterne, come dimostra il sempre più frequente ricorso alla chirurgia estetica.
Il recupero della memoria è un elogio che io voglio fare alla lentezza.
Poiché la lentezza obbliga l’Uomo a fermarsi ed a guardarsi intorno… ed indietro.
E ciò deve avvenire necessariamente contro la logica, oggi dominante, della velocità e della frenesia.
Comunemente, il termine precarietà identifica una condizione di provvisorietà soprattutto nella sfera del lavoro, ma esistono altre forme, molto più subdole, di precarizzazione, forme che derivano da un lato, è vero, dalla mancanza di una stabilità occupazionale, ma dall’altro anche da una crisi di valori riconosciuti insita nella troppo frenetica trasformazione della Civiltà moderna.
La precarietà genera insicurezza, confusione, contraddizioni, un diffuso pensiero di transitorietà, e l’effimero diviene la forma dominante del sentire comune.
Precario è colui che non riesce a pensare a lungo termine, preda di una comunicazione strumentale e sottoposta alle esigenze del mercato e del consumismo sfrenato, schiavo dell’avidità e dipendente dalle opinioni dominanti.
Tutto ciò restringe il suo spazio di libertà.
Non occorre molta perspicacia per comprendere come da queste premesse possano derivare conseguenze e valori oltremodo negativi, atteggiamenti che inducono alla divisione, alla disintegrazione, alla frammentazione della storicità dell’esistenza sociale.
E’ importante il valore che io conferisco a quest’ultimo fattore, cioè alla frammentazione della storicità della società.
La storicità ne rappresenta l’elemento di identità, ciò che la caratterizza e che le conferisce una forma ben definita, rendendola creatrice di Civiltà.
La Civiltà, oggi, sembra purtroppo aver perduto questa sua peculiare memoria, quel patrimonio di esperienze che diviene guida consolatrice per il presente e guida direttrice per il futuro.
La Civiltà umana si protegge e si evolve in virtù della sua continuità, della sua progressione ininterrotta fatta di conquiste sì, ma anche di eventi negativi, dei quali essa stessa fa però tesoro.
E cosa intendiamo per “fare tesoro” se non l’atto di depositare nella memoria storica e collettiva tutti gli avvenimenti di cui si è fatta l’esperienza?
In che termini la nostra dimensione personale si confronta con la dimensione più ampia della società a cui apparteniamo e con la quale interagiamo?
Entra in gioco la personalità, anzi i due aspetti della personalità, che contengono ed esprimono l’Io individuale e l’Io sociale.
Ognuno di noi forma la propria personalità sulla base delle eredità genetiche, degli insegnamenti ricevuti attraverso l’educazione, ma anche e soprattutto come conseguenza degli scambi e delle esperienze che si attuano per mezzo dell’interazione continua con l’ambiente cui apparteniamo.
Parallelamente, ognuno di noi, in un mondo molto più ampio, attraverso le relazioni interpersonali, si forma anche, inconsapevolmente, una propria Identità sociale, identità che costituisce invece quell’elemento che ci consente di esistere insieme agli altri, in maniera integrata ed interattiva.
Ora, se questi due aspetti dell’essere, quello individuale cioè e quello sociale, sono estremamente divergenti, entrano inevitabilmente in conflitto, e si rompe in tal modo quell’equilibrio essenziale che ci consente di continuare ad essere membri ben adattati di un determinato sistema.
2. Ruolo della società attuale e della scontentezza perenne dell’uomo.
La società attuale, così come appare dominata dal senso dell’avere, estremizza una concezione materialistica dell’essere, produce la formazione di un Io sociale connotato secondo valori meccanicistici e consumistici, i quali, d’altra parte, trovano però poco riscontro nella realtà quotidiana, in termini di soddisfazione.
L’idea della perenne “scontentezza” degli uomini, del loro desiderio incontentabile, e l’insicurezza che grava su ogni interpretazione della realtà, con la conseguente concezione dell’incertezza e della precarietà delle cose umane, la ritroviamo già in tempi molto lontani da noi: Machiavelli in un celebre passo dei suoi Discorsi scriveva «La natura ha creati gli uomini in modo che possono desiderare ogni cosa, e non possono conseguire ogni cosa: tale che, essendo sempre maggiore il desiderio che la potenza dello acquistare, ne risulta la mala contentezza di quello che si possiede, e la poca soddisfazione d’esso».
Assistiamo oggigiorno ad una trasformazione sociale incessante, trasformazione che coinvolge tutti gli aspetti dell’essere e che deriva in massima parte dai messaggi che provengono dall’informazione multimediale.
Ogni aspetto dell’esistenza è quasi quotidianamente rinnovato e messo in discussione.
Nuovi modelli soppiantano continuamente quelli ai quali eravamo abituati addirittura fino al giorno prima.
Tutto ciò genera disorientamento.
E ritroviamo ancora Machiavelli: «Non vi è nel mondo alcuna cosa eterna» dice in un passo dei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio.
E’ da qui che scaturisce fondamentalmente quel profondo stato di frustrazione e di angoscia esistenziale che logora ogni senso di sicurezza nel presente ed ogni speranza di progettualità per il futuro.
Questo sentimento di angoscia esistenziale induce un trauma, quindi, una crisi di identità che pone il giovane di fronte ad un bivio: aderire in modo conformistico ai modelli consumistici proposti, oppure rifiutarli e ribellarsi alla società stessa che li propone.
Ma in questo modo cade però in uno stato di rinuncia e di deresponsabilizzazione.
Sono ambedue, pertanto, delle scelte immature, dettate dalla demotivazione e da un appiattimento apatico.
Non sono, cioè, scelte sagge ed autonome.
3. Il rimedio personale, unica via è l’acquisizione di una individualità forte.
Occorre valutare criticamente i messaggi sociali, e per fare ciò è necessario raggiungere una capacità di giudizio autonoma, e quindi possedere una personalità equilibrata, intelligente e colta.
Ecco che allora occorre rivalutare la saggezza e l’equilibrio dell’analisi e dell’elaborazione delle conoscenze.
Si tratta di appropriarsi di una memoria storica che è memoria di esperienze, di un ricordo di sapienza e di acquisizioni consolidate, che si imprimono nella memoria collettiva e che costituiscono la ricchezza che una generazione consegna a quella successiva, come il passaggio del testimone in una gara di staffetta.
E tutto questo è impresso nell’Inconscio collettivo: la saggezza tramandata, l’eredità della sapienza, costituiscono ciò che consente di costruire la propria individualità, di formarsi come soggetto singolo provvisto di una propria identità personale.
Per raggiungere questo obiettivo occorre una apertura mentale libera da ogni pregiudizio e da ogni condizionamento, di umiltà e di consapevolezza anche dei propri limiti e della propria imperfezione.
Non esistono speranze, alternative, percorsi utili per uscire da queste strettoie angoscianti e sconfortanti?
Esistono, invece.
Basta riappropriarsi della propria umanità, della propria storia.
Il trauma della perdita della storicità personale e collettiva può divenire il luogo da dove ricominciare la rigenerazione, poiché il recupero della memoria crea un nuovo essere, un uomo nuovo che ricostruisce se stesso.
Il nuovo è disperdente ed orrendamente misterioso, in quanto privo di riferimenti conosciuti, o di orientamenti riconosciuti.
E’ in questo nuovo ambiente, però, che dobbiamo avere la forza ed il coraggio di diventare liberi, veramente liberi.
La libertà dalle tradizioni, dagli ideali consolidati e dai valori assimilati e forse anche obsoleti, dai vincoli o da tutti gli esempi che provengono da coloro che riteniamo “antichi”, o “sorpassati”, non è vera libertà: è solo una illusione di libertà, poiché non presuppone una progettualità; essa deve liberarsi a sua volta dai pregiudizi e divenire umile apertura e disponibilità verso il mondo della conoscenza, che è fatta sia dalle esperienze dirette sia dagli insegnamenti tramandati.
E’ questo il senso della memoria: la conquista della libertà concreta e vera, quella che ci permette di valutare con senso critico i messaggi del mondo, per poterli elaborare ed impiegare secondo un progetto personale autonomo e sereno.