Il Simbolismo della forza

04.09.2013 14:05

 

La “Religione del sangue” celebrava il sangue e la forza.

Nella tradizione nordica il sangue è stato da sempre simbolo dell’essenza spirituale di un popolo.

Questa religione scaturì dalle elaborazioni mistiche di Rosenberg, gerarca nazista e uomo di primo piano dell’Associazione Thule, organizzazione elitaria sorta nell’altrettanto elitario corpo delle SS tedesche.

La Thule era apertamente impegnata nella ricerca delle origini ariane del popolo germanico e per tali motivi i nazisti effettuarono diverse spedizioni antropologiche nel Tibet e nell’Europa più misteriosa.

L’emblema di questa associazione era un pugnale con una croce uncinata.

Sotto l’indicibile progetto della Germania nazista covava, quindi, una religione segreta, impregnata di un esoterismo mistico che intendeva rintracciare le sue origini addirittura nei Cavalieri della Tavola Rotonda e nei Cavalieri Teutonici.

Questa élite di superuomini era l’espressione della Religione del sangue e contemporaneamente un suo difensore.

Il loro simbolo era un teschio sogghignante, emblema di morte e del terrore.

E’ un simbolo che, insieme alle due “S” stilizzate, ritroviamo nei gruppi di estrema destra moderna, di quei Naziskin che si riuniscono in vere e proprie sette o società ristrette, identificate con i simboli comuni e con le parole d’ordine particolari, dove si sentono protetti dalla forza del gruppo, dal sentimento di appartenenza e di unificazione, dove percepiscono finalmente la libertà di esprimere le loro pulsioni aggressive sotto forma di esplicita violenza e di odio razziale e xenofobo. Essi così tendono ad eliminare il diverso, poiché la diversità significa l’ignoto e l’ignoto li terrorizza, mancando di una solida identità personale.

La percezione della forza e dell’unione viene conferita loro proprio dai simboli che utilizzano, e che non a caso sono ripresi da quelle ideologie che fondavano il loro dominio sulla forza, sulla prepotenza, sull’imposizione, sul terrore e sull’eliminazione del diverso.

Erano, come il Nazismo, ideologie che si basavano su un orientamento psicologico che trovava radici, sebbene quanto mai distorte e strumentalizzate, in quell’arte iniziatica che tendeva ad unificare in sé tanto l’anima sacerdotale quanto quella regale, e il Re-sacerdote era pertanto l’unica entità che poteva sedere sul trono del mondo e amministrare la giustizia in armonia col tutto, perché in lui le potenze umane si erano finalmente tramutate in potenze universali e cosmiche.

Egli, infatti, in virtù delle sue qualità ascetiche, diveniva l’asse di congiunzione tra terra e cielo, e solamente le sue qualità infuse al resto del mondo potevano apportare alla terra virtù e benefici.

Gli ambienti neonazisti sembrano aver colto, pur senza rendersene forse conto, questa disposizione, senza sicuramente averne fatto proprio, però, lo spirito puro e positivo, ma anzi percorrendo vie che portano in direzione diametralmente opposta rispetto alle dottrine iniziatiche.

Essi, riproponendo invece gli insegnamenti nefasti dei regimi che li ispirano, vanno verso la divisione e la dissoluzione anziché verso l’unità e l’armonia, verso la guerra anziché la pace e la concordia universale, celebrano la diversità e la superiorità anziché l’uguaglianza, si orientano verso la sopraffazione anziché la tolleranza, con arrogante sentimento di prevaricazione e senza la minima scintilla di umiltà.

La loro finalità non coincide per nulla con la realizzazione spirituale e interiore, che è vita, ma si ripromette invece una rivoluzione concreta, materialista e rivolta all’esterno, una rivoluzione che si realizza però unicamente nella direzione della dissoluzione, e la dissoluzione è disarmonia e, in fin dei conti, il trionfo nichilistico della pulsione di morte freudiana.

Le loro chiavi di accesso al gruppo si rifanno sì a parole di potere che risalgono a scienze antiche e sacre, ma di queste essi oggi non immaginano nemmeno il significato e il senso che avevano nelle lingue antiche e iniziatiche.

In questo modo essi non perpetuano la tradizione insita in quelle Scuole, ma soltanto i significati oscuri che attribuiscono e che assegnano molto liberamente e arbitrariamente a questi simboli.

Come nel caso della svastica, per esempio, inteso come simbolo di violenza e di odio.

Nelle religioni antiche, specialmente orientali, i quattro bracci della svastica rappresentavano i diversi piani dell’esistenza (del mondo infero, degli animali, dell’uomo e degli dèi), mentre nella cultura nordica essa rappresentava anche il martello del dio Thor, raffigurato sottoforma di una croce uncinata, il sole artico, simbolo di creazione e di vita.

Non è la croce uncinata, comunque, il solo elemento affascinante in questo simbolo, bensì anche il senso del movimento che questi bracci sembrano rappresentare, che è un movimento rotatorio compiuto intorno ad un centro o ad un asse immobile.

E’ quest’asse, questo punto fisso l’elemento essenziale della svastica, come vedremo.

Il simbolo comunica comunque forza, una forza esplicata soprattutto come Energia vitale, considerato che essa trae alimento dal divenire ciclico del Sole e del Tempo, simbolizzato da questo apparente movimento.

Anche la croce celtica è un emblema utilizzato da questi nuovi gruppi. Essa deriva dalla sovrapposizione di un cerchio e di una croce i cui centri coincidono.

Le sue rappresentazioni sono anteriori al Cristianesimo e sono state individuate nel Nord dell’Europa come croci solari, associate a Odino, il dio guerriero per eccellenza e signore delle Rune, che a loro volta sono le sorgenti magiche di ogni saggezza e potere.

Il significato più comunemente associato a questo simbolo è quello solare, ma esso è anche metafora di collegamento e di unione tra il mondo celeste, rappresentato dal braccio verticale, e il mondo terreno, ricondotto al braccio orizzontale.

Ancora, qui, ritroviamo la simbologia e la tradizione che abbiamo visto all’inizio, del Re-sacerdote che congiunge le due dimensioni del cielo e della terra.

Ma anche nel caso della croce celtica, come della svastica, è sempre il punto centrale, il punto fisso quello che assume un valore simbolico fondamentale, e sempre con lo stesso significato di stabilità e centralità, di fulcro attorno al quale ruota tutto, assimilato al Re Universale, il centro e motore immobile di Aristotele.