Le Norme, i Valori e le Devianze

04.09.2013 14:08

 

   Heidegger definiva l’uomo per sua natura relazionato al mondo, e seguendo questa asserzione possiamo continuare affermando che le sue capacità possono svilupparsi solo nell’ambito di una cornice di norme e di valori propri del contesto storico e culturale e dell’organizzazione di quella società in cui l’individuo è inserito e che esso stesso contribuisce a definire.

   La vita psichica di un individuo non è avulsa dalla condizione sociale che egli stesso svolge e dal contesto ambientale in cui è compreso: l’uomo nasce come figura autonoma, ma si realizza compiutamente soltanto integrandosi nella struttura sociale. Se questa integrazione avviene solo parzialmente oppure in maniera inadeguata, allora l’individuo va incontro ad un destino di disadattamento o di devianza. Sia il disadattamento che la devianza indicano la mancata aderenza a dei sistemi di norme o di valori riconosciuti, accettati e rispettati dall’insieme dei simili.

   Ma le norme ed i valori non sono, a loro volta, dei dogmi eterni ed immutabili: essi variano a seconda delle culture di riferimento e dei periodi storici considerati. Tutti quanti possiamo constatarlo se andiamo con la memoria, per esempio, a quello che fino a qualche decennio fa la Società intendeva con la locuzione “il comune senso del pudore”, oppure se ricordiamo quali fossero ancora i rapporti consolidati tra genitori e figli.

   Le norme rappresentano quelle regole culturali e quei modi di agire ai quali gli individui appartenenti ad una determinata società, o ad un determinato gruppo, devono attenersi. Nel primo caso si tratta di norme di carattere generale (usi e costumi sociali, tradizioni, leggi, mode, valori etici…), mentre nel caso di gruppi o categorie si tratta di norme di carattere particolare (per esempio il codice etico dei medici).

   Adattarsi ed adeguarsi ai modelli accettati dalla società è un comportamento che si realizza attraverso l’acquisizione di ruoli, ossia di quell’insieme di comportamenti attinenti ad un determinato status (posizione specifica che un individuo occupa all’interno di un sistema sociale).

   Questa acquisizione costituisce il momento fondamentale per mantenere ottimale e soddisfacente il livello di funzionamento e di tolleranza di qualsiasi sistema sociale: consentire a tutti i cittadini di realizzare le proprie aspettative per il futuro e di concretizzare le loro aspirazioni significa fornire loro i mezzi e gli strumenti per integrarsi fattivamente nella società. Ciò attua quella che si definisce “capacità sociale”, e nelle società occidentali la più importante determinante per una ottimale integrazione è l’occupazione ed il più importante fattore di successo nell’occupazione è l’istruzione nell’adolescenza, dove invece un mancato successo nelle attività scolastiche od occupazionali predispone maggiormente verso comportamenti devianti.

   L’acquisizione di una buona capacità sociale è l’esito di molte variabili, comunque, che dipendono sia dallo sviluppo e dalla storia personale dell’individuo stesso, da un suo armonico equilibrio razionale ed emotivo, da una buona capacità di autostima, dall’acquisizione di competenze adeguate, dall’aspirazione a mete suggestive, dalla capacità di ricerca e dalla presentazione di obiettivi coerenti e validi, sia dalla presenza di stimoli idonei e tempestivi e di un ambiente in grado di fornire l’atmosfera ed i mezzi per la realizzazione personale.

   La violazione delle regole sociali e delle norme vigenti, il disadattamento, e l’emarginazione come manifestazione di non-integrazione, costituiscono invece dei comportamenti devianti, ossia condotte che non rispondono alle aspettative od a quegli atteggiamenti che sono desiderati ed accettati dalla società e che esprimono anche, entro certi limiti, il grado di controllo sociale che essa realizza nei confronti dei suoi costituenti.

   Ogni norma infatti implica anche una sanzione, sotto forma di punizione o di premio, e le sanzioni agiscono come strumenti che tendono a favorire un certo grado di conformismo, utile per un buon funzionamento del sistema sociale. Mostrarsi anticonformisti, in senso stretto, significa ugualmente uscire dalla norma ed attuare comportamenti devianti, ma esiste tuttavia una differenza sostanziale tra il deviante e l’anticonformista: mentre il deviante devia dalla norma senza metterla in discussione o cercare di modificarla, l’anticonformista lo fa verso quelle norme che ritiene moralmente o culturalmente ambigue, cercando di cambiarle o di sostituirle con modelli vissuti eticamente come più giusti e corretti.

   La devianza trova molte teorie interpretative, che spaziano dalle concezioni biologiche e morfologiche, a quelle che tendono a studiare eventuali anomalie cromosomiche e l’ereditarietà, a quelle puramente psicologiche, che iperinvestono il ruolo dell’aggressività o del bisogno di autoaffermazione come risposta reattiva ad un vissuto inconscio di frustrazione o di autopunizione, a quelle sociologiche, che la inquadrano come una interiorizzazione di tecniche, motivazioni, bisogni, attitudini e valori devianti appresi a livello del proprio gruppo primario di appartenenza.

   Se per Allport una percezione corretta del mondo può favorire una buona capacità di controllo sull’ambiente e quindi una migliore comprensione del sistema di valori a cui adattarsi, io mi sento di riportare invece l’attenzione sull’umanesimo normativo di Fromm, per cui è sano, cioè implicitamente non-deviante, chi è capace di aderire al modello della natura umana, modello che implica la necessità di soddisfare alcuni bisogni fondamentali dell’uomo, in qualche modo, riuscendo a porsi empaticamente in relazione con qualcuno o con qualcosa, radicandosi come persona, realizzando l’abilità di creare e di costruire, suggestionandosi nei sogni e trascendendo le frustrazioni inevitabili, compiendo il proprio percorso di identificazione personale ed orientandosi verso l’espressione delle proprie possibilità di realizzazione.